Etichette

Gli alunni non sono né buoni né cattivi sono quello che noi permettiamo loro di diventare. Mi permetto di parafrasare una frase e un concetto di Daniele Novara. Ogni volta che vado in una nuova scuola mi viene affidata la “classe più terribile” della scuola. Mi è successo al mio primo anno di ruolo quando a me nuova arrivata e con pochissima esperienza hanno affidato una prima difficile, di quelle fatte con gli “scarti” (espressione non mia ma sentita diverse volte). Ma non dovrebbe essere il contrario, mi sono chiesta ingenuamente allora. Per le classi difficili ci vorrebbero insegnanti esperte e capaci. Ho capito poi che nella scuola funziona diversamente. E poi l’anno dopo, plesso difficile e classe terribile… sfido io!  aveva cambiato quasi tutti i docenti ogni anno e 2-3 insegnanti di lettere all’anno… difficile lo era diventata.
E succede che per una serie di circostanze non tanto fortuite anche quest’anno mi viene affidata la classe più terribile dell’istituto. Ci risiamo, dove l’ho già sentita, mi chiedo. Le colleghe mi fanno gli auguri e si premurano di avvisarmi che mi daranno filo da torcere, che devo stare attenta a tizio e a caio, terribili dodicenni… nel Consiglio di classe prendo appunti e segno un aggettivo per ogni alunno e poi li dimentico. Voglio guardarli in faccia prima. E ho fatto bene perché ho incontrato i miei nuovi alunni con curiosità e senza cucire loro etichette prestampate. Quando gli adulti cuciono delle etichette addosso agli adolescenti questi le indossano, anche se non vi si riconoscono del tutto, perché sono rassicuranti, danno loro un ruolo prestabilito in un’età in cui non sanno bene chi sono. Meglio spiazzarli, ti restituiscono lo sguardo curioso e di quella classe terribile rimangono 20 alunni, ciascuno con la sua particolarità da scoprire.

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