Grazie a tutti

Si è concluso il 31 gennaio, con un mese di proroga, il bando di mail art “Una cartolina per Mella” e credo che questo farà felice il mio postino o forse chissà mancheranno anche a lui le cartoline, le lettere, i pacchetti colorati che in questi mesi hanno inondato la mia cassetta di posta, quella vera, non quella elettronica.
Ci sono stati giorni in cui non avevo la forza di aprirle, altri in cui mi sono sentita sopraffatta, ma per ognuna non è mai mancato un sorriso, ogni cartolina è stata un prezioso regalo che la malattia attraverso tantissime persone, vicine e lontane, mi ha fatto.
Ci sono state amiche di vecchia data con cui avevo perso i contatti che, con discrezione, mi hanno inviato la loro cartolina per dirmi la loro vicinanza, ci sono state persone la cui delicatezza e affetto ho scoperto proprio grazie alle cartoline, ci sono state persone sconosciute, artisti bravissimi, che hanno conosciuto la mia storia e hanno voluto inviarmi un messaggio di speranza. Ci sono state le cartoline bellissime di formatrici e formatori del Metodo Caviardage che mi hanno fatto sentire parte di una grande e variopinta famiglia. Alcune hanno organizzato degli incontri ad hoc dedicati a me e il cui risultato è stato un nutrito gruppo di cartoline che mi sono arrivate cariche di energia.
Non so se sono riuscita a esprimere la mia gioia e la mia gratitudine a tutti, sto ancora lavorando su me stessa per imparare a mettere a nudo i miei sentimenti senza timore.
Ma le cartoline che più mi hanno fatto bene al cuore sono state quelle dei bambini, guidati da insegnanti bravissime e care amiche. Che un gruppo di alunni si sia riunito in classe con la propria insegnante per fare una cartolina per una persona lontana e a loro sconosciuta è un qualcosa di magico che mi ha rammentato la bellezza dell’insegnamento e ha contribuito a farmi sentire ancora parte di questo mondo, anche se quest’anno, come dico spesso, sono in stand by.
Approfitto di questo post per ringraziare in particolare questi bambini e le loro insegnanti che mi hanno inviato una cartolina: da Leinate (grazie Giovanna Palumbo), Padova (grazie Loretta de Martin), Matera (grazie Tina Festa), Bari (grazie Brunella Luzio, Roberta Romano e Mariolina Guzman), Polignano a Mare (grazie Angela Leoci), Monopoli (grazie Valeria Ragno), Altamura (grazie Anna Paola Epifania). Se potessi verrei in tutte le vostre classi per ringraziare i bambini ad uno ad uno.
E forse almeno in una di queste classi ci andrò davvero, in una prima elementare, a conoscere la maestra e i bambini che mi hanno spedito le misteriose cartoline da Altamura. Misteriose perché non sapevo a chi fare riferimento, chi ringraziare e intanto continuavano ad arrivare alla spicciolata queste cartoline, scritte con grafia incerta e spesso con l’accompagnamento di messaggi affettuosi delle mamme. Una bambina, Simona; me ne ha inviate due e Vincenzo addirittura tre. Tutte spedite singolarmente e in busta chiusa e affrancata. Questa cosa mi ha commosso, non so, credo di averci visto una sorta di premura dietro e ho cercato di saperne di più. Alla fine tramite una mamma gentilissima che ha risposto alla mia email (e con cui ho iniziato un bel dialogo) sono entrata in contatto con la maestra artefice del tutto. Le nostre storie si sono incrociate sotto diversi aspetti e mi piacerebbe incontrarla e incontrare le bambine e i bambini che si sono prodigati per me.
Un po’ tutta la vicenda delle cartoline, in fondo, nasce sotto l’egida di una sorta di sorellanza (il 99% delle cartoline sono state spedite da donne) e io credo che stia in questo tenderci la mano la vera cura (e anche quando non significa, purtroppo, guarigione è questo che rimane). Alla fine la malattia ci fornisce la scusa per poter riprendere a guardarci negli occhi, a piangere, a darci la mano.

Un anno di benettia

Oggi è un giorno particolarmente difficile. Oggi saluto un’amica portata via dal cancro, un’anima bella e luminosa. Mi mancherà. E mancherà a tante persone. Basterebbe guardare il suo profilo fb per capire molto del suo carattere allegro e della sua generosità. Ci sono solo o quasi foto di gruppo, di amici, di momenti di condivisione. Lascia davvero un vuoto e un senso di ingiustizia. E mi fa riflettere sulla bellezza di essere circondati di amici autentici.

Se uso il termine “benettia” in questo post è per renderle omaggio. Quando lo sentito da lei per la prima volta era passato esattamente un mese dal mio intervento, era un periodo molto cupo e proprio non riuscivo a comprendere questa benettia di cui parlava. Io vedevo tutto nero e non capivo quella sua positività, quel trasformare il male in bene. Ho cominciato a capirlo mesi dopo, quando ho iniziato ad apprezzare i doni che la malattia mi offriva, insieme al resto. Credo di aver iniziato a vederli dopo quel giorno e anche se il mio modo di guardare alle cose e di vivere la malattia è diverso dal suo, più introverso nonostante le apparenze, direi più social ma meno comunità, le devo un cambio di prospettiva.

E proprio oggi che il suo viaggio finisce, o forse inizia per chi ha la fortuna di crederlo, “festeggio” un anno dall’inizio del mio. Credo che non dimenticherò mai quella giornata del 7 febbraio 2017 per la particolarità degli eventi che si sono succeduti. La mattina in classe con le telecamere della Rai a immortalare un successo, frutto di tanto lavoro e di energie messe in circolo senza risparmio, i volti radiosi dei miei alunni.
Il pomeriggio una visita di routine anticipata di una settimana, il volto cupo del tecnico della mammografia prima e del medico poi. La sensazione di essere precipitata nell’incubo di qualcun altro e quel sentirmi sola sul cuore della terra, con in più il cellulare scarico. E infatti una delle prime cose che ho fatto nelle settimane successive è stato comprare un cellulare nuovo quasi non volessi più correre il rischio di essere isolata. Era in fondo l’unica cosa cui potessi rimediare. Tutto il resto mi toccava accettarlo così com’era.

Ed eccomi qui un anno dopo. Nel frattempo ho vissuto, ho sofferto e gioito, come tutti e con uno scetticismo di fondo che nascondo molto bene. Ho perso tutto e ritrovato tanto. Non tornerei indietro anche se potessi, credo, oppure sì se potessi incontrare tutte le persone che ho incontrato, ma comunque non posso per cui il problema non si pone. L’intervento, la chemioterapia, e ora la radioterapia… la sofferenza e la paura, ma anche la gioia delle piccole cose. A volte ancora penso che stia succedendo a qualcun altro, perché io non mi sento in grado di affrontare tutto questo, e quando sono sdraiata sul lettino della trilogy, la macchina per la radioterapia, a guardare la vetrata luminosa provo a fingere di essere altrove. Eppure sono io. E sono qui a cercare di crescere in consapevolezza, a cercare di convincermi che la morte è l’altra faccia della vita, a far finta di credere che c’è un senso a tutto.

Spero che tu l’abbia trovato il senso o almeno una risposta plausibile. E chissà se hai continuato a chiamarla “benettia”…