Esperienza fisica

L’esperienza della chemio è una esperienza difficile da descrivere per me perché è essenzialmente una esperienza fisica. Dal momento in cui ti iniettano il liquido rosso e tu avverti quella strana sensazione di calore che dalla gola arriva fino all’inguine sai che inizia un viaggio che tu per un po’ non condurrai. Nei primi giorni ti sembra di essere prigioniera nel tuo corpo, non puoi parlare, non ti puoi muovere, non puoi leggere, non puoi pensare, puoi solo assecondare l’onda e aspettare che passi. Tutto il resto intorno si muove al ritmo di sempre ma tu non riesci a seguirlo e a un certo punto ti chiedi se ha senso seguirlo.
Ma la chemio è anche una esperienza di solitudine fisica. Siamo solo io e lei, una di fronte all’altra, senza intermediari. E ce la giochiamo a carte più o meno scoperte. Non c’è nessun altro.
Certo, ci sono amiche preziose che mi monitorano da lontano, cercano di alleggerirmi le giornate, molto presenti (e non finirò mai di ringraziarle) ma fisicamente assenti per motivi di chilometraggio. Ci sono le sorelle attente a captare ogni segnale ma a cui io cerco di risparmiare alcune cose e forse è meglio che fisicamente non siano qui. Ci sono tante persone che mi scrivono, che mi chiamano, che mi pensano con affetto sincero ed è importante per me interagire con loro, mi aiutano a continuare a coltivare i miei interessi e ad avere la sensazione di essere ancora nel mondo. Ma fisicamente non possono essere qui.
E poi ci sono le persone che potrebbero esserci, non hanno problemi di chilometraggio ma, con l’eccezione di poche dita di una mano, se ne guardano bene. Constato, non giudico. Immagino che tutto questo faccia paura, la malattia ci ricorda le nostre fragilità, io stessa qualche volta vorrei girare la testa dall’altra parte e non vedermi… Alcune persone sono del tutto scomparse e questo mi ha fatto male ma ci sono anche quelle che mi hanno stupito, che non mi fanno mai mancare un buongiorno o un bacio, da vicino o da lontano non importa e alla fine il paniere rimane mezzo pieno.
In ogni caso indubbiamente è una esperienza molto intensa e che mi fa capire quanti errori ho fatto nel seminare. E apre anche una riflessione personale sul rapporto tra virtuale e reale. Se non ci fosse il virtuale mi sentirei molto più sola, questo è un dato di fatto importante. Ma sarei persa se, nei giorni critici, l’inferno come lo chiamo io, accanto a me non ci fossero due persone che mi accarezzano la fronte, mi aiutano a sollevarmi, mi danno da bere, mi spronano a mangiare, mi scrutano ogni segno di cedevolezza. Chi mi ha dato la vita e chi mi ha scelto per la vita.

2 Commenti

  1. Letizia

    29 giugno 2017 at 14:33

    È sempre nei nostri pensieri, tutti i giorni apro il sul suo blog in cerca della sua presenza, ed è proprio grazie a questo blog che si accorciano le distanze fisiche.
    Grazie anche per questo, perché rende meno doloroso il fatto di non poter lavorare tutti i giorni con lei.

  2. Maria De Vietro

    29 giugno 2017 at 14:43

    È un lungo viaggio questo prof ma è un viaggio per la vittoria. Non molli mai lo deve a se stessa e alle persone che le sono accanto. L’amore, il bene uniscono ciò che la distanza separa e nonostante questa distanza lei è sempre nei nostri cuori… nel mio e in quello di Ines. E sia certa che non ne uscirà mai!😘😘

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